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Welfare aziendale e di comunità: un’alternativa (italiana) all’egoismo neo-liberista

Empowerment

La crisi economica quasi permanente cui siamo esposti dal 2008 e le ricorrenti ciclicità economiche indicano che i modelli di sviluppo utilizzati sono ormai inadeguati per dare una risposta in termini di bene comune o di “pubblica felicità”, come indicava l’economista napoletano del XVIII secolo Antonio Genovesi – coevo di Adam Smith ma portatore di una visione economica non basata sull’egoismo individuale ma sulla cooperazione. In particolare, proprio la vicenda del Covid-19 sarà probabilmente un catalizzatore di cambiamenti profondi con vincitori e vinti. Che succederà?
Una conseguenza delle crisi sempre più sistemiche piuttosto che congiunturali, potrebbe essere che i più forti cercheranno di affermare il loro ruolo in maniera autoritaria. Il problema non è solo etico. I gestori della economia mondiale in generale, e di quella europea in particolare, hanno dimostrato di non saper dare delle risposte adeguate. Le crisi ricorrenti, sempre più profonde, ne sono la dimostrazione.

Alla fine dei conti il futuro dipenderà dalla nostra responsabilità, che andrà assunta dalle collettività, dalle comunità locali, ma anche dalle singole persone. In una cultura basata solo sui “diritti” bisogna affermare di nuovo anche un’etica e una prassi basata sulla responsabilità.

Una delle vittime delle crisi economiche è stato il welfare statale definito anche “primo welfare” che è sempre più inadeguato a sostenere i bisogni. Abbiamo visto sulla nostra pelle quale sia stato il peso dei tagli alla spesa sanitaria nell’affrontare la pandemia del covid-19.Cosa possono fare le comunità per rispondere ai bisogni crescenti? Da tempo si parla di “secondo welfare” cioè delle iniziative assunte dalle aziende, dalle fondazioni bancarie e di origine religioso, dal terzo settore per rispondere alle esigenze delle comunità.
Il quarto rapporto sul secondo welfare in Italia 2019 elaborato dal Centro di ricerca e Documentazione Luigi Einaudi afferma:
È ormai da molti anni che il dibattito internazionale osserva e riflette su un insieme di cambiamenti che investono in misura sempre più intensa le principali sfere della nostra società. Pensiamo alle sfide socio-demografiche, in particolare all’invecchiamento della popolazione e a quella ‘rivoluzione’ di genere che sta investendo i rapporti familiari, i sistemi educativi e il mercato del lavoro. Oppure alle trasformazioni occupazionali, in particolare alla crescente precarizzazione dei contratti d’impiego, soprattutto per i giovani; trasformazioni a loro volta connesse a dinamiche più ampie: globalizzazione, interdipendenza, integrazione europea, crescita impetuosa dei settori ‘ad alta intensità di conoscenza’. Le società europee si trovano nel bel mezzo di una Grande Trasformazione, di cui riconosciamo le principali sfide, ma a cui non sappiamo ancora come rispondere in modo coerente e sistematico.
In base agli elementi emergenti dal rapporto una risposta innovativa alla crisi del primo welfare (il Welfare State) può essere data proprio dalla integrazione dei servizi favorendo la diffusione di iniziative di welfare aziendale che rappresentano un diretto sostegno alla qualità della vita e alle famiglie. Esse possono infatti aiutare nella sanità, nella educazione dei figli, nella flessibilità degli orari di lavoro, nel sostegno alle spese per gli asili e i centri estivi. Le facilitazioni fiscali introdotte rendono possibile un vantaggioso sistema che migliori i servizi e la qualità della vita favorendo in particolare il rapporto equilibrato fra lavoro e vita personale.
Dal punto di vista delle aziende questi interventi costituiscono un investimento economico e organizzativo che può migliorare la qualità dei rapporti tra gli imprenditori e i propri dipendenti, generando anche significativi vantaggi e benefici di ritorno, tra cui, un clima aziendale più sereno e un maggior benessere lavorativo che, traducendosi in un maggiore senso di appartenenza all’impresa, possono ridurre assenteismo, turnover e conflitti interni. La soddisfazione di vedere ascoltate e accolte esigenze e bisogni incide, infatti sulla motivazione e l’impegno dei dipendenti a collaborare più attivamente nel perseguimento degli obiettivi aziendali fissati. Anzi, ormai sono le imprese “family friendly” che sono sempre di più ai vertici, a livello globale, del successo imprenditoriale.
Il welfare aziendale può diventare inoltre welfare di comunità attraverso la collaborazione fattiva fra imprese, terzo settore e comunità locali. Un valido esempio è costituito dal comune di Agordo e da Luxottica, azienda all’avanguardia nelle iniziative di welfare che hanno stipulato convenzioni per offrire servizi sia ai dipendenti che ai cittadini.

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